‘Denuncia-querela’ diffusa tramite e-mail: legittimo parlare di diffamazione

Inequivocabile il contenuto della ‘denuncia querela’. Inequivocabile il tenore delle frasi utilizzate, con specifico riferimento ad un presunto “cattivo atteggiamento professionale” attribuito al legale

‘Denuncia-querela’ diffusa tramite e-mail: legittimo parlare di diffamazione

Catalogabile come diffamazione la diffusione tramite e-mail della ‘denuncia querela’ presentata in

Procura. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 9126 del 5 marzo 2025 della Cassazione), i quali hanno perciò condannato in via definitiva un uomo, finito nei guai a causa dell’esposto presentato in Procura contro il proprio difensore d’ufficio.
Inequivocabile il contenuto della ‘denuncia querela’. Inequivocabile il tenore delle frasi utilizzate, con specifico riferimento ad un presunto “cattivo atteggiamento professionale” attribuito al legale.
Ricostruito facilmente l’episodio, già per i giudici di merito non ci sono dubbi: l’uomo sotto processo va ritenuto colpevole del reato di diffamazione ai danni del suo difensore d’ufficio.
Nello specifico, all’uomo viene addebitato di aver diffuso, a mezzo e-mail, una ‘denuncia querela’, presentata presso la Procura della Repubblica – del seguente tenore: “si chiede in primo luogo di perseguire gli avvocati che non hanno mai consegnato nessuna sentenza … oltre ai giudici della Corte d’appello, che, invece di dare atto del cattivo atteggiamento professionale degli avvocati, hanno fatto finta di niente, facendo pagare ogni conseguenza penale al sottoscritto” – e di avere così offeso la reputazione del legale nominato suo difensore d’ufficio in altro procedimento penale.
Nel contesto della Cassazione il legale che difende l’uomo sotto processo sostiene possa essere riconosciuta al suo cliente l’esimente prevista in caso di diritto di critica, e, in questa ottica, aggiunge che le deliranti doglianze espresse nella ‘denuncia querela’ sono state rivolte anche ad altri soggetti (i giudici della Corte d’appello) oltre ai due avvocati, e annota poi che i destinatari delle e-mail incriminate sono tutti soggetti con specifiche competenze tecniche, che, plausibilmente, mai hanno ritenuto credibili le accuse messe per iscritto dall’uomo.
Per chiudere il ragionamento, poi, il legale evidenzia il contenuto della e-mail, talmente astruso e delirante da essere, in sé, inidoneo a ledere la reputazione delle persone menzionate».
A fronte delle obiezioni difensive, però, per i magistrati di Cassazione è palese il profilo della valenza diffamatoria delle frasi contenute nella e-mail incriminata. Ragionando in questa ottica, difatti, il tenore offensivo della e-mail oggetto del processo non si rinviene, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, nell’affermazione afferente all’omessa comunicazione della sentenza all’uomo da parte del suo difensore, bensì la lesività si percepisce nelle reiterate affermazioni (“cattivo atteggiamento professionale degli avvocati … hanno fatto finta di niente”) afferenti ad una pretesa negligenza professionale del difensore in relazione a specifici processi in cui l’uomo è stato difeso dalla persona offesa.
Tirando le somme, le affermazioni contenute nella e-mail non si risolvono in una mera sconvenienza o in un’infrazione alla suscettibilità o alla gelosa riservatezza della persona offesa. L’uomo ha reso affermazioni con tratti e contenuti gratuitamente offensivi del ruolo del difensore svolto dalla parte offesa, idonee, nella loro oggettività e secondo il comune senso di decoro, ad incidere sulla considerazione che la persona (diffamata) ha acquisito all’interno del gruppo sociale ove essa è inserita, incrinando la sua reputazione professionale, chiosano i magistrati di Cassazione.

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