Esercitare un’attività d’impresa non basta per legittimare l’applicazione dell’IRAP
Messa in discussione la pretesa nei confronti di una commercialista. Necessario esaminare il presupposto impositivo, ossia l’autonoma organizzazione

I giudici precisano che l’imposta regionale sulle attività produttive – IRAP – può definirsi un’imposta, non sul reddito (dunque, personale) ma reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate. Di conseguenza, non è sufficiente esercitare attività d’impresa, ma è necessario esaminare se sussiste il presupposto impositivo a cui è subordinata la tassazione IRAP, ossia l’autonoma organizzazione. Ciò in quanto non solo perché è possibile ipotizzare così un’impresa senza organizzazione come un’attività autonomamente organizzata di lavoro autonomo, ma anche perché ciò che rende l’IRAP conforme a Costituzione è la produzione di un valore aggiunto da parte dell’organizzazione di capitale o di lavoro altrui. In sostanza, per giustificare l’imposizione è necessario accertare se l’attività professionale del contribuente sia stata svolta mediante una struttura organizzativa stabile, con lavoratori subordinati o para-subordinati e attraverso l’impiego di capitali, ossia che l’elemento organizzativo vada oltre il naturale e minimo indispensabile per svolgere adeguatamente l’attività. Esclusa perciò l’applicazione dell’IRAP a carico di una commercialista. (Sentenza del 13 giugno 2022 della Commissione tributaria regionale della Puglia)