Consumi di tovaglioli, acqua e caffè possono inchiodare il ristoratore

Legittimo l’accertamento con cui il Fisco ha ricostruito i ricavi non dichiarati dal titolare di un bar

Consumi di tovaglioli, acqua e caffè possono inchiodare il ristoratore

I consumi registrati possono inchiodare il titolare dell’attività di ristorazione nella battaglia col Fisco. Confermato dai giudici, nella vicenda presa in esame, l’accertamento operato dall’Agenzia delle Entrate ai danni di un bar, accertamento relativo a maggiori ricavi non dichiarati e frutto, ovviamente, della somministrazione ai clienti di alimenti e di bevande. Contrariamente a quanto sostenuto dal proprietario del locale, per i giudici vi sono i presupposti minimi per procedere ad un accertamento analitico-induttivo, visti e considerati i consumi di tovaglioli, di acqua minerale e di caffè sono legittimi. Per chiarire il quadro, comunque, i giudici pongono in rilievo, innanzitutto, la validità delle presunzioni basate sui consumi, anche in presenza di contabilità formalmente corretta. A rendere ancora più solido l’accertamento è poi la sottolineatura che esso è stato basato su un processo verbale di contestazione che ha ricostruito i ricavi sulla base di quanto dichiarato dal contribuente in sede di contraddittorio, sia in relazione all’impego di tovaglioli, caffè e bottiglie d’acqua, sia in relazione alle modalità di somministrazione di pasti e bevande. (Ordinanza 19765 del 20 giugno 2022 della Corte di Cassazione)

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